La tenacia con cui difese per lunghi anni il suo diritto di esercitare la professione di avvocato è stata per noi di grande ispirazione. La sua richiesta di iscrizione all’Albo degli Avvocati di Torino, inizialmente accolta, fu infatti revocata dalla Corte d’Appello con le seguenti motivazioni: “La questione sta tutta in vedere se le donne possano o non possano essere ammesse all’esercizio dell’avvocheria (…). Ponderando attentamente la lettera e lo spirito di tutte quelle leggi che possono aver rapporto con la questione in esame, ne risulta evidente esser stato sempre nel concetto del legislatore che l’avvocheria fosse un ufficio esercibile soltanto da maschi e nel quale non dovevano punto immischiarsi le femmine(…). Non è questo il momento, né il luogo di impegnarsi in discussioni accademiche, di esaminare se e quanto il progresso dei tempi possa reclamare che la donna sia in tutto eguagliata all’uomo, sicché a lei si dischiuda l’adito a tutte le carriere, a tutti gli uffici che finora sono stati propri soltanto dell’uomo. Di ciò potranno occuparsi i legislatori, di ciò potranno occuparsi le donne, le quali avranno pure a riflettere se sarebbe veramente un progresso e una conquista per loro quello di poter mettersi in concorrenza con gli uomini, di andarsene confuse fra essi, di divenirne le uguali anziché le compagne, siccome la provvidenza le ha destinate” (Corte d’Appello di Torino 11/11/1883 in Giur. it. 1884, I, c .9 ss).
Nel 1920, all’età di 65 anni, dopo che entrò in vigore la L. 1176 del 1919 recante «disposizioni sulla capacità giuridica della donna» che permise alle donne di accedere ad alcuni pubblici uffici, Lidia Poët riuscì finalmente ad iscriversi all’Albo degli avvocati di Torino.
L’esempio di Lidia per noi rappresenta esattamente questo: credere nella forza della determinazione per volgere la nostra professionalità al servizio della Giustizia e alla tutela del Cliente.